Sol Indiges
Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro: Agostino Iacurci e Ivan
Progetto del Comune di Pomezia in collaborazione con la Fondazione Pastificio Cerere, a cura di Marcello Smarrelli.
Per il progetto Sol Indiges. Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro da oggi è visibile L’antiporta, il grande murale realizzato dall’artista Agostino Iacurci sulle pareti esterne della Biblioteca comunale Ugo Tognazzi a Pomezia.
Sol Indiges è il progetto del Comune di Pomezia, in collaborazione con la Fondazione Pastificio Cerere e a cura di Marcello Smarrelli, nato per incrementare il patrimonio culturale della città attraverso un programma di interventi di Urban Art, nell’intento di riannodare il filo della storia contemporanea di Pomezia con il mito delle origini: un contributo della città alle celebrazioni nazionali per il settecentesimo anniversario della morte di Dante, considerato il ruolo centrale che Enea e Virgilio hanno avuto nella Divina Commedia.
Il progetto si inserisce nel contesto di una visione politica più ampia che caratterizza le scelte dell’attuale amministrazione, volte a favorire processi creativi indirizzati alla formazione e alla rigenerazione urbana, con la partecipazione attiva dei cittadini e dei giovani in particolare.
“Abbiamo sempre considerato la cultura – dichiara la vice Sindaco Simona Morcellini – il tassello fondamentale per la costruzione di una comunità e la bellezza la luce evolutiva che ne guida il percorso. Il progetto Sol Indiges è veicolo di un messaggio unico e identitario, capace di illuminare gli spazi cittadini e riannodare i fili che collegano il mito al futuro, con i più giovani a fare da testimoni”.
“Abbiamo l’obiettivo ambizioso di rivoluzionare il volto di Pomezia – aggiunge il Sindaco Adriano Zuccalà – portandolo ad identificarsi con quelli che oggi sono i tratti distintivi della nostra Città: storia, futuro, giovani, tecnologia, innovazione, sostenibilità. Pomezia è uno dei laboratori più innovativi d’Italia capace di mettere a sistema le aziende, il turismo e la vita in tutte le sue meravigliose declinazioni. Le opere che saranno realizzate restituiranno un panorama cittadino rivitalizzato e vivace, con l’impronta indelebile dell’arte di strada condivisa con gli studenti del territorio”.
Sol Indiges è il nome del santuario dedicato al dio Sole progenitore di tutte le cose, sorto nel luogo dello sbarco di Enea alla foce del Numico nelle campagne limitrofe all’attuale Pomezia – dove sorgerà Lavinium – e l’epiteto con cui i romani indicavano il loro eroe fondatore.
Emblema della pietas per Virgilio, metro di comparazione e confronto per Dante, Enea – che antepone al proprio destino individuale quello del bene comune – torna ad essere un esempio civico e modello d’ispirazione per le nuove generazioni. Cogliere lo spirito del racconto mitologico e reinterpretarlo in chiave contemporanea facendolo rivivere nel presente attraverso l’arte, contribuisce in modo determinante a proiettarlo verso il futuro.
Il compito è stato affidato ad Agostino Iacurci e ivan (Ivan Tresoldi), artisti internazionalmente noti per le loro opere monumentali nello spazio pubblico e le relazioni che riescono a creare all’interno delle comunità che li ospitano.
“Sol Indiges. Arte pubblica a Pomezia tra mito e futuro – afferma il curatore Marcello Smarrelli – propone una visione inedita della città, recuperando la potenza comunicativa della pittura murale intesa come manifesto, intervenendo sui luoghi che da sempre contribuiscono ad arginare la desertificazione culturale, quali la scuola e la biblioteca, stimolando la curiosità e il pensiero critico, per generare nuove idee”.
Sol Indiges si articola in due fasi: protagonista del primo appuntamento (da oggi, lunedì 29 marzo) è Agostino Iacurci (Foggia, 1986, vive e lavora a Berlino), che è intervenuto sulle pareti esterne della biblioteca comunale con un ciclo pittorico ideato in relazione allo spazio e alla sua funzione, mentre dal 15 ottobre sarà presentato il lavoro di ivan (Milano, 1981, vive e lavora a Milano), che porterà l’arte e la poesia di strada nelle due scuole della città coinvolte, con Chiamata alle arti – Fare scuola che prevede la realizzazione di azioni collettive e partecipate per dare vita ad una serie di opere d’arte e a una performance che coinvolgeranno tutti gli studenti.
L’antiporta è il titolo del grande murale (1.000 mq circa) che Agostino Iacurci ha realizzato seguendo le linee dettate dall’architettura della Biblioteca Comunale Ugo Tognazzi, proponendo un’inedita lettura dell’edificio e un nuovo ruolo nel percorso narrativo della città.
L’artista si è ispirato al libro VI dell’Eneide in cui si narra l’incontro con la Sibilla Cumana, la veggente che predice ad Enea lo sbarco sul litorale laziale. Il suo antro viene descritto da Virgilio come una caverna con cento porte che si spalancano automaticamente all’unisono nel momento del responso. Le soglie che conducono nell’oltretomba, la misteriosa porta in tufo dell’Heroon di Enea conservata al Museo Archeologico Lavinium, le porte varcate da Virgilio e Dante nella Divina Commedia, sono altrettanti riferimenti derivanti dal confronto con i classici e amplificano la funzione simbolica della biblioteca, che diventa tempio del sapere, oracolo laico della città, luogo privilegiato in cui ottenere risposte alle proprie domande.
Allo spettatore vengono offerte molteplici possibilità d’interpretazione delle immagini caleidoscopiche che si susseguono sulle facciate, una visione in cui reale e immaginario si fondono, creando un cortocircuito temporale tra la pittura murale di epoca romana, evidente nella scelta dei codici espressivi e la pratica del muralismo contemporaneo.
Venerdì 9 aprile 2021, dalle ore 11.00 alle ore 16.00 è previsto l’opening day del progetto con la presentazione ufficiale dell’opera di Agostino Iacurci, a cui prenderanno parte il sindaco Adriano Zuccalà, la vicesindaco Simona Morcellini, il presidente della Fondazione Pastificio Cerere Flavio Misciattelli, il direttore artistico Marcello Smarrelli e l’artista stesso. Il programma si svolgerà nel rispetto delle norme di sicurezza stabilite dalla normativa vigente per l’emergenza epidemiologica da Covid-19.
L’antiporta di Agostino Iacurci
SCHEDA OPERA L’antiporta di Agostino Iacurci, 1.000 mq circa, 2021
Biblioteca Comunale Ugo Tognazzi, Largo Catone
“E già della casa le cento enormi porte s’aprono da sé, sull’aria recando i responsi della veggente…” Virgilio, Eneide, Libro VI
L’antiporta è il titolo del grande murale che l’artista ha progettato seguendo le linee dettate dall’architettura della biblioteca comunale, proponendone un’inedita lettura e un nuovo ruolo nel percorso narrativo della città.
L’antiporta è l’elemento architettonico che immette nell’andito di accesso ad una seconda porta, mentre nel gergo tipografico indica la pagina precedente il frontespizio, soprattutto nei libri antichi, che spesso ospita un ritratto o un’illustrazione allegorica.
La fonte iconografica a cui si è ispirato Agostino Iacurci è il libro VI dell’Eneide, in cui si narra l’incontro con la Sibilla Cumana, la veggente che predice ad Enea lo sbarco sul litorale laziale.
Il suo antro viene descritto da Virgilio come una caverna con cento porte che si spalancano automaticamente all’unisono nel momento del responso. Le soglie che conducono nell’oltretomba, la misteriosa porta in tufo dell’Heroon di Enea conservata al Museo Archeologico Lavinium, le porte varcate da Virgilio e Dante nella Divina Commedia, sono altrettanti riferimenti derivanti dal confronto con i “classici” che hanno guidato l’artista nella realizzazione del grande portale d’accesso alla biblioteca e che amplificano la funzione simbolica dell’edificio, eleggendolo a tempio del sapere, oracolo laico della città, luogo privilegiato in cui ottenere risposte alle proprie domande.
Oltre al riferimento alle cento porte, domina la composizione una coppia di figure femminili in scala monumentale (la Sibilla Cumana, Pomona, Minerva Tritonia sono i rimandi più immediati), la cui iconografia è evidentemente ripresa dalla straordinaria scultura di fanciulla in terracotta risalente alla prima metà del IV sec. a.C., rinvenuta nell’area del “Santuario orientale”, sempre conservata al Museo Archeologico.
Percorrendo il perimetro esterno della biblioteca una teoria di navi ricordano lo sbarco di Enea, esule da Troia, alla foce del Numico. La polena a forma di cavallo di alcune di esse allude alla recentissima teoria secondo la quale il Cavallo di Troia era in realtà una nave fenicia molto diffusa a quei tempi, chiamata Hippos.
La grande curva della biblioteca presenta una serie di arcate che scandiscono ritmicamente la superficie, modificando illusionisticamente la percezione dell’edificio, configurandosi come un’architettura dipinta.
All’interno degli archi compare un altro elemento iconografico ripreso dall’Eneide, il ramo d’oro, che permette la catabasi (discesa) di Enea nell’Ade, usato prima per placare Caronte, poi come dono per Proserpina e infine collocato sulla porta della città di Dite, all’ingresso dei Campi Elisi.
Al ramo d’oro si alternano busti di fanciulle poggiati su slanciate colonne, sempre precisi riferimenti allo straordinario patrimonio archeologico visibile nel Museo Archeologico. Un caleidoscopio di colori e di forme che cambiano il volto della piazza e offrono allo spettatore molteplici chiavi di lettura in cui reale e immaginario si fondono, creando un cortocircuito temporale tra la pittura murale di epoca romana, evidente nella scelta dei codici espressivi e la pratica del muralismo contemporaneo.