Presso l’Ospedale San Carlo di Nancy, il percorso di cura del tumore alla vescica, si avvale di un innovativo esame per diagnosi ancora più precoci
Il tumore alla vescica rappresenta circa il 3% di tutti i tumori diagnosticati: nel 2020, in Italia sono state effettuate circa 25.500 nuove diagnosi (20.500 uomini e 5.000 donne, rispettivamente il 10,5% e il 3% di tutti i tumori, secondo “I numeri del cancro in Italia 2021” dell’Associazione Italiana Registro Tumori). La sopravvivenza a 5 anni è superiore all’80%, sia per gli uomini che per le donne, ma una percentuale tra il 30% e il 70% dei pazienti con cancro della vescica muscolo invasivo è soggetto a recidive.
Come per tutte le forme tumorali, una diagnosi precoce e tempestiva è fondamentale per un intervento efficace che riduca il più possibile l’impatto della patologia sul paziente.
Ospedale San Carlo di Nancy, struttura di GVM Care & Research con pronto soccorso accreditata con il SSN, ha attivato un nuovo metodo analitico di diagnosi del tumore alla vescica. Un semplice esame su un singolo campione di urina, che viene introdotto per la prima volta nella pratica clinica in Italia, che si basa sulla rilevazione della proteina MCM5 prodotta dalle sole cellule tumorali.
“Ci occupiamo da molto tempo della diagnosi e del trattamento dei pazienti affetti da tumore alla vescica. Il nuovo test che abbiamo introdotto nella pratica clinica si è dimostrato efficace nel diagnosticare tumori della vescica di diverso grado e stadio – commenta il prof. Pierluigi Bove, direttore dell’U.O.C. di Urologia dell’Ospedale San Carlo di Nancy, con all’attivo oltre 2.000 interventi all’anno di chirurgia urologica –. Oggigiorno nella diagnosi dei tumori assumono sempre più importanza i cosiddetti biomarcatori e cioè indicatori biologici correlati a determinate patologie e rintracciabili nei secreti corporei. Il test consiste nel rintracciare la MCM5, una proteina presente in elevata quantità nelle urine di pazienti affetti da tumore della vescica. In virtù del buon valore predittivo di questo test, potremmo essere in grado di gestire meglio il successivo percorso diagnostico-terapeutico di questi pazienti, indirizzando a procedure più invasive solo in caso di positività del test”.
In presenza di sintomi che possano far pensare a una neoplasia vescicale, in primis in presenza di sangue nelle urine (ematuria), minzione frequente, abbondante e dolorosa ecc., abitualmente si ricorre a indagini di primo livello, come l’ecografia e la citologia urinaria, un’analisi microscopica di un campione di urine raccolto in 3 giorni differenti.
“La citologia urinaria è un esame laborioso poiché richiede almeno 3 campioni di urine prelevati in momenti differenti, l’analisi del risultato è estremamente dipendente dall’operatore, la sensibilità del test risulta bassa soprattutto nelle forme meno aggressive di tumore ed infine i risultati richiedono spesso settimane prima di essere interpretati. Tutti questi limiti sono potenzialmente superabili utilizzando il nuovo test – spiega il prof. Bove –. Questo esame, infatti, è più veloce, preciso e facile da realizzare perché non richiede la raccolta del campione in provette sterili; inoltre ha una percentuale nettamente inferiore di falsi negativi rispetto all’esame citologico”.
Gli studi hanno confermato che il nuovo test identifica la presenza di un tumore di alto grado nel 97% dei casi, un valore maggiore rispetto ai precedenti protocolli (citologia), la cui precisione è del 55% nei campioni analizzati.
La prima fase del percorso urologico: colloquio con specialista e test
Il percorso diagnostico presso l’Unità Operativa di Urologia dell’Ospedale San Carlo di Nancy inizia con le visite specialistiche dell’équipe per valutare l’idoneità del paziente ad eseguire il test. Dopo un’adeguata raccolta anamnestica, vengono eseguiti esame delle urine standard, ecografia renale e vescicale, oltre ad eventuali accertamenti sulla base del quadro di salute di partenza.
“Le informazioni raccolte permettono di valutare l’opzione diagnostica più indicata – spiega il Prof. Bove –. In caso di risultato negativo del test, il paziente potrebbe non aver bisogno di altri esami ed è pertanto rimandato ad un controllo dopo 1-3 mesi. In caso di positività, saranno necessari ulteriori accertamenti e in particolare si procede con un esame endoscopico della vescica (cistoscopia). Stiamo anche valutando l’opportunità di eseguire questo test nel protocollo di follow-up dei pazienti con pregressa diagnosi di tumore vescicale. Ancor di più in questo caso, i pazienti potrebbero giovare del test astenendosi da ripetute cistoscopie spesso negative e pertanto non necessarie”.
(Nella foto: Professor Pierluigi Bove)